Europa

CSN7NEWS.IT  EUROPA ATTUALITA' ONLINE  7. 3. 2023 N .169 anno  XV |||||||| ISSN 2283-6586

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 MONDO

                  G20, Guerra in Ucraina

             specchio di divisioni 

                          by NOBILE CLAUDIA

 

          La guerra a cui stiamo assistendo                 

                   in Ucraina nelle ultime settimane è una situazione miserevole che colpisce tutti i cittadini del mondo, ovunque essi siano. Un evento triste e deplorevole che segnerà la storia e che segna le nostre coscienze oggi, quando osserviamo senza sapere bene cosa fare che, nel XXI secolo, continuiam

Divisi sull'Ucraina, salta la dichiarazione congiunta alla fine del G20

Anche se noi italiani, europei, non la viviamo in prima persona, la guerra tra Ucraina e Russia ci riguarda tutti. Ci dice che il mondo è ancora diviso, che non è riuscito ancora a costruire la pace, ad usare il dialogo come arma per trovare un'armonia universale. Sembra che l'uomo non abbia capito niente dalle precedenti due guerre mondiali, dopo tutti gli orrori, i danni e le sofferenze che esse hanno provocato all'umanità. Diverse sono a tal proposito le opinioni sul problema.

Siamo d'accordo che la violenza bellica non risolve nulla; ogni guerra è un fallimento; una pazzia, come ha detto una volta il Papa. Ma può essere anche una lezione, una sfida a non fermarsi nell'impegno di incidere la realtà uscendo dalla trappola del conflitto, cercando un'alternativa.

Eppure dal recente G20 arriva la conferma che sull'Ucraina il dialogo è ancora lontano. La Russia torna alla carica e l'Ucraina con Bakhmut è assediata, nel Donbass, teatro di violenti combattimenti. E i battibecchi politici tra Russia e Europa, tra Russia e Stati Uniti non si placano. Al G20 giovedì scorso Russia e Cina hanno denunciato l'Occidente di usare "le minacce" per imporre le loro opinioni. La Cina si è unita alla Russia giovedì nel rifiutare di sostenere le richieste di ritiro delle forze russe dall'Ucraina, secondo una dichiarazione rilasciata dopo la riunione dei ministri degli Esteri del G20 a Nuova Delhi, in India. Lo ha rivelato Armelle Charrier, editorialista internazionale di France 24.

Certuni affermano che non è stato fatto abbastanza, finora. Segno delle divisioni all'interno del G20, il capo della diplomazia americana Antony Blinken ha avvertito che non ha intenzione di incontrare il suo omologo russo Sergei Lavrov durante la riunione dei ministri degli Esteri.  Così, alla fine la Cina, come la Russia, si è rifiutata di firmare il testo finale del G20. Nessun comunicato congiunto, dunque, al G20, mentre i ministri degli Esteri del gruppo si son trovati in India, divisi dalla guerra in Ucraina.

Altri sono più speranzosi. Si appellano al concetto di solidarietà. Di fatto, a margine delle discussioni del G20, il capo della diplomazia americana ha informato il suo interlocutore dell'impegno degli Stati Uniti a sostenere l'Ucraina e ha esortato la Russia a revocare la sua decisione di sospendere il trattato sul disarmo nucleare New Start, ha affermato un funzionario statunitense in condizione di anonimato.

In mezzo alla calamità c'è chi sa trovare pure un obiettivo di vicinanza. La Germania e gli Stati Uniti hanno espresso la loro unità sulla consegna di armi all'Ucraina durante un incontro tra i loro leader venerdì a Washington. Olaf Scholz e Joe Biden hanno promesso di continuare a sostenere Kiev nel tempo. La Casa Bianca ha annunciato, sempre venerdì, nuovi aiuti militari all'Ucraina per un importo di 400 milioni di dollari e costituitiprincipalmente da munizioni. (APF)

In certe situazioni drammatiche dobbiamo scegliere nella vita politica, è vero: solidarietà globale o aggressione? Cosa è meglio: stare uniti in un segno di fratellanza o restare divisi, conquistare un territorio, piegare la volontà di un competitore, imporre i suoi prodotti o trovare i migliori canali per approvvigionarsi in materie prime o per sfruttare mercati deboli o arretrati? E poi... Che cosa significa questa attuale strana corsa agli armamenti di tutti che sia guerra o pace? Stiamo assistendo a una trasformazione, a una modifica della struttura della vita internazionale determinata da lucida decisione politica, da atti e da conseguenze.

La belligeranza non ha senso. C'è infine chi riflette sul fatto che fin dall'inizio la guerra in Ucraina ha messo in luce linee di frattura all'interno della comunità internazionale. Dopo un anno è apparso l'abisso tra il “Nord Globale”, altro nome dell'Occidente, che si oppone alla Russia, sostenendo l'Ucraina  e la maggior parte dei Paesi del “Sud Globale” che han adottato una calcolata neutralità, imperniata sulla difesa dei propri interessi. Quest'ultimo è un gruppo eterogeneo di paesi precedentemente definiti "sottosviluppati" con un ruolo crescente sulla scena internazionale, in Asia, Africa, Medio Oriente e Sud America, che hanno invece optato per un posizionamento più ambiguo.

Certe altre opinioni sostengono che il conflitto in Ucraina sia un problema europeo e che l'India debba mettere al primo posto i propri interessi. Sui media, gli editorialisti aderiscono al discorso russo secondo cui Mosca sarebbe stata "ferita" dalla Nato, in Ucraina. Le divisioni sono diventate evidenti già il 2 marzo 2022, quando l'Onu ha votato per la prima volta per condannare la guerra in Ucraina. 

Non si conosce il futuro, la guerra resta un mistero, non si può sapere quanto durerà questo conflitto, uno dei tanti nel mondo, ma si può capire che la tensione tra Stati è sempre più alta.  A proposito di armi nucleari, Vladimir Putin è convinto che sia l'Occidente ad aver iniziato la guerra (ma la Nato smentisce). Egli ha detto: "Non useremo per primi le armi nucleari. Ma se lo fanno gli Stati Uniti dobbiamo essere pronti. Nessuno si faccia illusioni, la parità strategica non deve essere infranta". Putin, nelsuo discorso ai parlamentari dell'Assemblea federale alla Gostiny Dvor a Mosca, ha rimarcato che Washington sta pensando di testare armi nucleari e, in questo caso, lo farà anche la Russia. Il capo del Cremlino ha poi specificato che "la forza di deterrenza atomica della Russia è dotata al 90% di armi avanzate: un livello che dovrebbe essere esteso all'intero esercito". Il leader russo punta il dito contro Usa e Nato e sentenzia:"Più la Nato avanza, più lontano dovremo spingerci". (www.tgcom24.mediaset.it)

Il mondo ricerca comunque una via di pace. Anche ad Abu Dhabi, sottolinea il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, l'Italia porta avanti la linea sulla necessità che si arrivi al cessate il fuoco in Ucraina, cita l'Huffington Post, mentre il piano di pace della Cina per fermare la guerra in Ucraina non piace a nessuno (di G. Gramaglia in bing.news). Del resto, per raggiungere uno status pacifico mondiale bisognerebbe che tutti gli Stati fossero democratici o perlomeno capaci di monitorare all'interno degli stessi eventuali crisi e tensioni e conflitti e al primo segnale si attivassero forze di mediazione, sistemi di sicurezza uguali per tutti gli Stati, e di riappacificazione per superare lo specchio di eventuali orrendi pensieri e tentativi camaleontici di distruggere il mondo con armi atomiche. Molti si chiedono se questa sarà una brutta stagione: analizzando le parole e gli atti del presidente russo Vladimir Putin, esperti americani ed europei temono che la Russia, oltre a preparare un’offensiva di primavera sul terreno, voglia imporre un’escalation al conflitto e punti ad allargarlo alla Moldavia.

La guerra è sempre la stessa, immodificabile, innovativa o no, lontana o vicina, esiste anche nelle nostre case o sui cellulari. E questa ipotetica guerra nucleare la cui presenza è costante, incombente sull’umanità con il suo carico di minacce rivolte addirittura alla sopravvivenza del genere umano, dovrebbe proprio spingerci al disarmo, alla splendida non belligeranza, perché le generazioni future siano riconoscenti delle nostre decisioni pacifiche.

 

 CRONACA

            "Ucraina un anno di guerra",

           azione contro la fame

                         REPORT

                      by CLAUDIA SQUADRONI

 

          

 

Un anno fa la Russia lanciava una grande offensiva militare sull'Ucraina. Da allora, ogni giorno i civili continuano a soffrire e il Diritto

Internazionale Umanitario viene violato.

Un’escalation di violenza e devastazioni raccontata dall’ONG Azione contro la Fame in un Dossier pubblicato oggi, dal titolo “UCRAINA, UN ANNO DOPO” (allegato) che fa il punto sulla situazione nel Paese e nelle regioni limitrofe, analizza i bisogni umanitari e descrive il suo intervento sul campo.

Azione contro la Fame ( che è un’organizzazione umanitaria internazionale specialista contro fame e malnutrizione infantile elavora per salvare la vita dei bambini gravemente malnutriti e per fornire a intere comunità acqua, cibo, formazione e assistenza sanitaria per vivere libere dalla fame) chiede una risoluzione politica del conflitto per porre fine a sofferenze umane ingiustificabili. In aggiunta alle violenze e alla devastazione, la guerra ha inoltre suscitato notevoli preoccupazioni per la sicurezza alimentare globale, un fatto che - per Azione contro la Fame - rivela l'inadeguatezza dei nostri sistemi alimentari e la necessità di riformarli.

L'offensiva militare in Ucraina ha innescato un massiccio e rapido spostamento di popolazione. Oggi, più di 8 milioni di ucraini hanno lasciato il loro Paese e più di 6 milioni hanno dovuto abbandonare le loro case per cercare rifugio in un'altra parte dell'Ucraina. In totale, quasi il 30% della popolazione ucraina è stata in qualche modo sfollata a causa del conflitto. Anche i bisogni umanitari sono enormi. Le agenzie delle Nazioni Unite stimano che 17,6 milioni di persone, tra cui più di 3 milioni di bambini, abbiano bisogno di assistenza umanitaria.

"La guerra in Ucraina ha provocato uno dei più grandi spostamenti di popolazione dalla Seconda guerra mondiale e un drammatico aumento dei bisogni umanitari nella regione - spiega Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame - tuttavia, senza una soluzione politica al conflitto, i bisogni umanitari continueranno a crescere, soprattutto nelle aree colpite dal conflitto, dove si registra un gran numero di vittime civili e danni alle infrastrutture critiche. Chiediamo a tutti di proteggere lo spazio umanitario, di rispettare il diritto internazionale umanitario e di facilitare le operazioni umanitarie sul terreno".

Per rispondere ai bisogni, Azione contro la Fame ha avviato progetti non solo in Ucraina, ma anche in Polonia, Romania e Moldavia. Ad oggi, più di 650.000 persone in quattro Paesi hanno potuto ricevere aiuti attraverso i progetti dell'organizzazione in settori diversi come la salute, la sicurezza alimentare e il potenziamento dell'accesso all'acqua, all'igiene e ai servizi igienici.

In questi mesi, Azione contro la Fame ha prestato particolare attenzione all'impatto più ampio di questa crisi sulla sicurezza alimentare globale.  Dato il ruolo di primo piano dell'Ucraina e della Russia nel commercio alimentare globale, infatti, il conflitto e le sue ripercussioni hanno esacerbato la vulnerabilità dei sistemi alimentari locali, regionali e internazionali, già minacciati dal cambiamento climatico e dalla pandemia COVID-19.

"La guerra in Ucraina non è la causa della crisi alimentare in corso nel mondo, né di quelle future - spiega Garroni - le crisi alimentari sono il risultato di una moltitudine di variabili, come crisi economiche e sociali, crisi sanitarie, conflitti, problemi di governance, sistemi alimentari in crisi, sconvolgimenti climatici ed eventi meteorologici estremi”.

L'ultimo rapporto sullo stato dell'insicurezza alimentare nel mondo, pubblicato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), mostra che oggi 828 milioni di persone soffrono la fame. Questa cifra è in costante aumento da diversi anni.

"La guerra in Ucraina ci mostra la fragilità dei nostri sistemi alimentari. Ci obbliga a rafforzare, a breve termine, i meccanismi di prevenzione delle carestie esistenti e, a lungo termine, a trasformare i nostri sistemi alimentari", conclude Simone Garroni, Direttore generale di Azione contro la Fame.   ( www.azionecontrolafame.it )

       

POLITICA

      Il 7 marzo sciopero in Francia

   contro la riforma pensioni di Macron

contro                       by CLAUDIA NOBILE

 

        

(Macron jpg expansion.mx)

Tra i progetti più importanti di Emmanuel Macron troviamo l’aumento dell’età pensionabile da 62 a 65 anni (riforma già tentata dal presidente francese a cui i lavoratori hanno risposto con un lungo sciopero), un taglio di circa 150 mila posti di lavoro statali e l’allungamento della settimana lavorativa da 35 a 39 ore.

Martedì nero, il 7 marzo, in Francia a causa della riforma delle pensioni di Emmanuel Macron. Tanti francesi con i sindacati, la Cgt e le altre organizzazioni di base  in sciopero in segno di protesta. Aboliti i regimi pensionistici speciali

Tensioni e scontri in Francia, capeggiati dalla Cgt e dalle altre organizzazioni di base, ci sono sempre stati, già da gennaio 2023, per protestare contro la riforma delle pensioni, contro il concetto che "l'età pensionabile va alzata, altrimenti il sistema non regge"; del resto, anche gli scioperi non sono una novità, se anche oggi continuano.

E poi su quali basi impostare la questione "pensioni"? I sindacati francesi hanno una idea. Il governo ne ha un'altra. Serve o non serve una riforma? Tra sì e no, intanto, tutta la Francia è in balia della mobilitazione di massa: da una parte cla volontà di riformare le pensioni e dall'altra non si vuole tagliare posti di lavoro. Per questo motivo i sindacati francesi restano sulle barricate e promettono battaglia in vista del prossimo 7 marzo, giornata per la quale è previsto uno sciopero generale che si annuncia ancora più “duro” dei precedenti per piegare il governo.

Si tratta di un maxi sciopero dei trasporti e del comparto energia. La sinistra francese in questo modo è convinta di tutelare i diritti dei lavoratori. I sindacati minacciano così di fermare il Paese. Nei giorni scorsi il portavoce del governo, Olivier Véran - afferma il fattoquotidiano.it -  aveva sostenuto che il Paese rischia una “catastrofe ecologica” se i sindacati metteranno in atto il loro piano di “bloccare la Francia”.

Il governo di Macron è deciso però a proseguire sulla propria strada adesso che l'iter legislativo sta procedendo veloce verso il Senato. E il Senato francese recepisce il tutto. La maggioranza di destra approva, infatti, ora l’abolizione di diversi regimi pensionistici speciali, tra cui quelli della Ratp, la società che gestisce tutto il trasporto pubblico a Parigi e nell’Ile de France, e delle aziende energetiche. La norma passa con 233 voti a favore e 99 contrari.

Villy De Luca tenta di motivare e sostenere la novità di questa riforma considerandola una scelta obbligata e giusta. "Tale riforma pensionistica - scrive su www.msn.com - sembra essere semplicemente una misura di buonsenso". Ma soprattutto chi la rifiuta non capisce che "adeguare l’età pensionabile alle nuove aspettative di vita è l’unico modo per garantire ai giovani lavoratori una pensione in futuro". Ecco la ragione per cui l’innalzamento dell’età pensionabile, dagli attuali 62 anni a 64, andrebbe ad adeguarsi all’età media pensionabile in Europa che è già di 64,4 anni, e inoltre diversi Paesi contano di innalzarla a breve ai livelli di Italia e Grecia, ovvero a quota 67 anni.

"Altro punto cruciale della riforma delle pensioni è proprio quello di realizzare un unico trattamento uguale per tutti i lavoratori, un sistema universale che sostituirà gli attuali 42 regimi speciali e andrà ad eliminare i privilegi di determinate categorie. Contestualmente la riforma prevede un innalzamento della pensione minima a 1200 euro: numeri da capogiro se paragonati all’Italia, dove i nostri pensionati sono spesso costretti a vivere con poche centinaia di euro". Insomma la riforma delle pensioni in Francia "è semplicemente un piccolo aggiustamento legato alle maggiori aspettative di vita della popolazione; senza questa misura si calcola che nel 2030 il sistema previdenziale potrebbe generare un deficit di 20 miliardi".

Benchè queste motivazioni siano valide, in Francia la destra e la sinistra sembrano essere unite contro il provvedimento di Macron, che vuole la pensione a 64 anni entro il 2030, che difende il suo progetto presentandolo come "portatore di progresso sociale", rivendicando che aumenta il valore delle piccole pensioni. Sarà così. Eppure, molti non ci credono. Molti sono convinti che questo suo provvedimento non faccia bene alla sua popolarità il cui indice è sceso di 5 punti in un mese, secondo un sondaggio di Le FigaroLo conferma anche un articolo di Europa.Today.it: "I consensi verso il presidente della Repubblica sono al minimo dalla sua rielezione e ben il 64% dei cittadini del Paese afferma di non avere fiducia in lui".   

Le conseguenze saranno, forse, un graffiante risentimento del popolo che non gioverà politicamente al governo, ma alla fine la riforma pensionistica passerà. Per ricevere una pensione completa, attesta europa.today.it - la proposta del governo prevede che sia necessario lavorare per almeno 43 anni. All'età di 67 anni, i lavoratori che non sono stati attivi così a lungo riceveranno comunque una pensione completa. La Francia è uno dei Paesi europei in cui l'età pensionabile legale è la più bassa rispetto alla Germania (età pensionabile è di 65 anni), al Belgio e Spagna e all'Italia e Danimarca (67).

Tutto ciò attesta la serietà del governo francese: lo slittamento dell'età pensionabile a 64 anni, insieme all'aumento del periodo contributivo a 43 anni, dovrebbe consentire di generare risparmi per 17,7 miliardi di euro nel 2030, rivela Le Figaro , al fine di colmare il deficit pensionistico, che raggiungerà poi i 13,5 miliardi di euro.

Quanto alla contestazione generale contro la riforma, che lascia il posto a una sensazione di inquietudine su ciò che capiterà in futuro, Macron ha lanciato un appello alla "calma" e "al rispetto" prima del 7 marzo. Il presidente francese ha invocato un nuovo "dibattito sul lavoro"; auspica una migliore remunerazione ed evoluzione.

                                                                                                                                 (fonte: Ansa, Il FattoQuotidiano, msn, europa.today, LeFigaro.fr)

 

  ECONOMIA

10 consigli per sfatare la paura

di 8 americani su 10

sull'intelligenza artificiale

by GIACOMO BERETTA

 

L'intelligenza artificiale (AI) è ad es.l'abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana in modo del tutto autonomo e con un ragionamento logico, intelligente e razionale. 

ALLARME SICUREZZA, PER 8 AMERICANI SU 10  L’IA  È TERRENO DI CACCIA PER MALINTENZIONATI: DAGLI ESPERTI ECCO I 10 CONSIGLI PER SCACCIARE LA PAURA E SFRUTTARNE LE POTENZIALITÀ

 

Il timore ricade sul mondo del lavoro e dell’imprenditoria: negli USA solo 2 imprese su 10 stanno approfondendo le proprie conoscenze sulla tecnologia senza applicarla. In Europa la situazione si conferma drastica con l’IA che viene utilizzata dall’8% delle aziende (l’Italia è fuori persino dalla top 15). Entrando più nel dettaglio, il 94% delle realtà italiane non prende nemmeno in considerazione l’intelligenza artificiale. Eppure, i punti di forza sono infiniti: lo confermano gli esperti di IA Spiegata Semplice, la più grande community italiana dedicata all’IA. “Una company che utilizza l’IA sfrutta fino a 40 volte in più il suo potenziale”, affermano Giacinto Fiore e Pasquale Viscanti, fondatori di IA Spiegata Semplice

 

Conoscere le nostre paure è il miglior metodo per occuparsi delle paure degli altri”: le parole dello psichiatra Carl Gustav Jung risultano più che azzeccate per descrivere un momento in cui la paura, a livello globale, ha un nome ben preciso. Si tratta dell’intelligenza artificiale che, secondo un serie di ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per Intelligenza Artificiale Spiegata Semplicela più grande community italiana dedicata proprio alla scoperta della tecnologia sopra descritta, risulta un terreno di caccia per malintenzionati per circa 8 americani su 10 (78%).

 

A confermarlo è un recente report approfondito dal Boston Globe: nel dettaglio, la generazione più impaurita dalla cosiddetta “AI Age”, in piena esplosione, è quella dei Boomer (83%), seguita da Gen X (81%), Millennials (74%) e Gen Z (70%). Ma non è tutto perché il 69% degli stessi cittadini born in the USA è convinto che ci siano grosse lacune in termini di conoscenze sull’intelligenza artificiale.

 

Questa situazione va poi inevitabilmente ad influenzare il mondo del lavoro e delle imprese. Le prime indicazioni in merito arrivano da un sondaggio condotto da Deloitte: a livello globale il 22% delle aziende sta approfondendo le proprie AI knowledge senza, però, metterle in pratica e, allo stesso tempo, l’80% delle realtà coinvolte non sono attrezzate per educare la propria forza lavoro ed insegnare loro come utilizzare la tecnologia nel migliore dei modi. E in Europa? La situazione si conferma drastica: stando a quanto indicato da Eurostat, infatti, solo l’8% delle organizzazioni del Vecchio Continente utilizza tecnologie basate sull’IA. Tra queste, ben 7 multinazionali su 10 non sono in grado di applicare correttamente l’intelligenza artificiale in modo tale da accrescere il business e perfezionare l’operatività.

 

All’interno dell’approfondimento di Eurostat è presente anche una classifica dei paesi in cui è presente il maggior numero di imprese AI addicted e l’Italia risulta persino fuori dalla top 15. Sulla stessa lunghezza d’onda si dimostra anche il Polimi che, per l’occasione, ha realizzato un’indagine accurata che non lascia spazio a dubbi: ben il 94% delle imprese italiane non utilizza l’IA.

 

Ora una domanda sorge spontanea: è possibile invertire questo trend e mettere al corrente imprenditori e manager che l’IA è un’opportunità e non il classico incubo notturno? La risposta è sì e proviene da una realtà 100% made in Italy: si tratta di Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice, ovvero la più grande community italiana interamente dedicata alla scoperta dell’IA e delle sue incredibili applicazioni.

 

“Immaginiamo un mondo in cui le aziende collaborano con l’intelligenza artificiale per prendere decisioni strategiche utili alla crescita del business – affermano Giacinto Fiore e Pasquale Viscanti, fondatori di Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice e organizzatori dell’AI Week – È importante, però, concentrarsi sul valore offerto ai clienti, non dovendo rincorrere gli obiettivi di fatturato. L’IA non è un nemico, bensì un’innovazione avveniristica di cui siamo chiamati a fare tesoro al fine di rivoluzionare il presente e il futuro di tutte le principali industrie produttrici: di questo e molto se ne parlerà in occasione dell’AI Week, ovvero l’evento made in Italy dedicato proprio agli imprenditori che vogliono scoprire il mondo AI centered”.

 

Dai fondatori di Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice emergono anche una serie di indicazioni e consigli utili per avvicinare i professionisti e le aziende al mondo dell’intelligenza artificiale, spronandoli ad informarsi sulle potenzialità e, in un secondo momento, ad utilizzare la stessa tecnologia per abbracciare il futuro al meglio delle loro possibilità. In primo luogo, è importante precisare che esiste un’intelligenza artificiale adatta ad ogni tipologia di azienda.

 

Inoltre, partendo da un’analisi accurata dei vuoti o delle mancanze presenti all’interno dei propri servicing, è possibile capire nel dettaglio dove applicare la tecnologia per crescere. Guardare l’erba del vicino è utile? Assolutamente sì perché i competitor “più avanzati” sono fonte d’ispirazione. E ancora, nonostante le percentuali non siano esaltanti, esiste un’intelligenza artificiale made in Italy al 100% a cui è possibile fare affidamento. Altrettanto utili risultano i dati aziendali o i cosiddetti bilanci interni, dai quali è possibile partire verso nuovi lidi sempre più avveniristici. Infine, l’IA è una tecnologia innovativa che spinge a scoprire confini inesplorati e, allo stesso tempo, uno strumento utile a coinvolgere ogni singola impresa e ogni tipologia di collaboratore a 360° attraverso attività mirate ed efficaci come, ad esempio, la partecipazione a eventi e webinar ad hoc.

 

Ecco, quindi, il decalogo stilato dagli esperti con i consigli più sorprendenti per applicare l’IA in ottica aziendale in modo del tutto innovativo e futuristico:

  1. C’è un’intelligenza artificiale adatta ad ogni impresa: oggi l’IA non è più una tecnologia a servizio solo delle grandi aziende e multinazionali perché esistono soluzioni avveniristiche anche per le PMI italiane.

 

  1. Si parte sempre da un problema: analizzando attentamente le mancanze operative, o finanziarie, di un’organizzazione è possibile adattare l’IA al settore di competenza e migliorarne così risultati e performance.

 

  1. Se l’erba del vicino è più verde, dare un’occhiata non guasta mai: prendere spunto dai competitor del proprio settore che risultano “più avanzati” può essere una strategia utile al fine di abbracciare le innovazioni del futuro.

 

  1. Esiste un’intelligenza artificiale 100% made in Italy: nonostante incertezze e ritardi, esistono versioni di intelligenza artificiale a km 0 realizzate e applicate da oltre 400 imprese italiane da cui è possibile prendere spunto. 

 

  1. Dati, dati e ancora dati: analizzare internamente i tratti distintivi del proprio workplace è fondamentale per capire se e come sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale.

 

  1. Pronti, partenza, via: una volta definita la base fondante del proprio business e dei servicing, serve solo un pizzico di coraggio per aprire le porte dell’ufficio all’IA, vale a dire il nuovo collaboratore tuttofare.

 

  1. L’azienda intera deve sapere dell’IA: l’intelligenza artificiale può essere applicata ad ogni settore e ambito operativo e, proprio per questo, tutti i collaboratori presenti devo essere educati per utilizzarla al meglio.

 

  1. L’IA a supporto di ingegneri e non solo: la tecnologia del momento non è solo un insieme di dati e codici, bensì terreno fertile anche per coloro che hanno potenzialità “umanistiche”, soprattutto, in ottica ricerca informazioni ed elaborazione contenuti.

 

  1. Se non esiste una strada percorribile, bisogna crearla: l’intelligenza artificiale è un’opportunità unica nel suo genere che offre la possibilità di rivoluzionare la propria azienda a 360°.

 

  1. In assenza di conoscenze, è fondamentale informarsi: nel caso in cui l’IA fosse un terreno inesplorato, è possibile partecipare a eventi e webinar utili ad accrescere le proprie competenze e promuoverne l’utilizzo. (cs Espresso)

 

                                                                                                                NEWS DAL WEB

            Libano, il Paese dei dollari?

                            

                             

                                               (jpg su bing.com)

 

La banconota da 100.000 lire libanesi è la più grande disponibile a Beirut e dintorni. Appena quattro anni fa valeva 66 dollari statunitensi e il sistema del cambio ancorato è ancora ufficialmente valido.

 

Eppure oggi nel Paese si vive con una moltitudine di cambi, da quello legale, su cui si pagano tasse e stipendi e che abbatte il valore della banconota a 6 dollari e 60 centesimi, fino a quello “di mercato” (un modo elegante per definire il cambio nero), per cui un dollaro cambia a oltre 85.000 lire. Insomma, nell’economia reale, per avere in tasca 66 dollari servono 50 banconote del taglio più grande disponibile.

 

Al tempo stesso i prezzi continuano a salire, con un tasso d’inflazione vicino al 700%, ma difficile da misurare in assenza di dati ufficiali.

La crisi valutaria è lo specchio più evidente del crollo del sistema-Libano, finito in una spirale economica, politica e diplomatica da cui sembra impossibile uscire.

 

Sin dall’inizio dell’attuale crisi, cominciata nel 2019, si discute dell’ipotesi di abbandonare la lira e di adottare ufficialmente il dollaro statunitense come valuta allo scopo di stabilizzare l’economia libanese. Tuttavia, se da un lato la dollarizzazione è già avvenuta per alcuni settori e per alcune fasce di popolazione, la sensazione è che, senza affrontare le cause profonde dell’instabilità del sistema, non ci sia valuta che possa mitigare la crisi. (cs Armadilla)

 

                                                                                                                                         

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